Lo Chaberton. Una fortezza tra mari e monti. | Meridiani di Gianni Boschis | Geologia e turismo

Lo Chaberton. Una fortezza tra mari e monti.

La “salita” alla punta dello Chaberton è un itinerario classico tra gli abituali escursionisti della Alta Valle di Susa. Il percorso, non difficile, ma sicuramente impegnativo, offre degli scorci panoramici notevoli sulla valle della Dora Riparia e sulle più vicine cime francesi. Lo Chaberton è anche ben noto agli storici per la presenza sulla vetta di quello che è stato (fino agli anni ’40) il forte militare più alto d’Europa.

Sulla cima sono visibili, fin da fondovalle, le 8 torri in muratura sulle quali erano alloggiate le casamatte metalliche e i cannoni girevoli a difesa del territorio nazionale. Oltre al ben noto ruolo storico-politico, lo Chaberton, sotto l’aspetto geologico, ha svolto un ruolo importante nella più recente interpretazione della struttura e genesi delle Alpi. Percorso: Da Clavière, poco prima della stazione transfrontaliera Italia-Francia, percorrere in auto una strada carrozzabile che, svoltando a destra, costeggia per un breve tratto la sponda orografica sinistra del Rio Secco.

Lo Chaberton in inverno

Parcheggiare l’auto non appena possibile e proseguire a piedi lungo il sentiero ben segnalato verso lo Chaberton. Se possibile, nei periodi più secchi, è consigliabile attraversare l’alveo del Rio Secco e seguire il sentiero sulla sponda destra (sentiero natura), in quanto più sicuro e meglio protetto dai processi erosivi di sponda del torrente. Il sentiero prosegue, all’ombra di un boschetto di larici e pini silvestri, lungo un tratto a debole pendenza fino ad uscire dalla vegetazione per ammirare, a destra, un primo scorcio delle pendici dolomitiche dello Chaberton.

Seguendo il sentiero si raggiunge e supera un modesto rifugio (Gr. Les Baisses, 2029 m.), da qui si segue la pista carrozzabile in territorio francese che porta agli impianti di risalita del Monginevro. Superato un breve tratto a modesta pendenza il panorama si apre su un’ampia zona pianeggiante colma di depositi alluvionali del Rio Secco. Seguire ad un bivio le indicazioni verso il Colle dello Chaberton (a destra) lungo un sentiero che dapprima attraversa il letto asciutto nel vallone delle Baisses, per poi proseguire lungo pendenze più impegnative fino al Ricovero delle Sette Fontane (2253 m.). Lo scenario cambia drasticamente, scompare la vegetazione tanto abbondante nella conca, e si percorrono tratti ripidi su sfasciume, circondati da rocce dolomitiche in un paesaggio brullo e selvaggio fino al Colle dello Chaberton (m. 2671), in prossimità del quale si trovano alcune casermette diroccate. Dal Colle si gode un ottimo panorama sulle altre pareti dolomitiche delle cime circostanti e verso est, un bel colpo d’occhio sul fondovalle della Dora Riparia e la Media Valle di Susa. Da qui in poi il percorso segue la vecchia strada militare che da Fenils giunge fino alla vetta, tra resti di triceramenti, filo spinato e qualche postazione abbandonata. L‘ultimo tratto, agevole e con pendenza costante, si inerpica lungo il ripido e ghiaioso versante settentrionale del massiccio dolomitico fino alla quota di 3130 m, sulla cima fortificata più alta d’Europa. Per la discesa si consiglia di seguire l’itinerario di salita o, in alternativa, dal Colle seguire la strada militare fino a Fenils.

Versante sud dello Chaberton

La punta dello Chaberton fortificata

 

Descrizione geologica.

Lo Chaberton appartiene ad un massiccio montuoso noto ai geologi con il nome di Chaberton-Grand Hoche, costituito da rocce dolomitiche che, in un lontano passato geologico, erano sedimenti di mare poco profondo ai margini del vecchio Oceano ligure-piemontese. Tra i 250 e i 200 milioni di anni fa, sul fondo di un oceano in evoluzione, e a svariate decine di metri di profondità, si accumulavano centinaia di metri di depositi calcarei in strati. La formazione della catena alpina ha coinvolto anche questi sedimenti, traslandoli dalla loro originaria posizione, deformandoli e piegandoli, fino a sollevarli nella posizione in cui li vediamo oggi: le rocce dolomitiche dello Chaberton. All’interno di queste rocce, la presenza di alcune specie fossili ha permesso di ricostruirne la storia geologica

Il primo stop (A) è sulla sommità di un’altura che domina il piccolo rifugio “Gr. Les Baisses”. Da qui è possibile abbracciare con lo sguardo, sulla sponda opposta, un vasto conoide detritico-alluvionale composto di ciottoli e blocchi dolomitici. L’enorme quantità di detrito e la quasi totale assenza di vegetazione sulla superficie del conoide, suggeriscono chiaramente che il trasporto di materiale roccioso avviene di continuo e con una forte energia. Dallo stesso punto, a bordo del sentiero, si osserva una roccia verde dalla superficie liscia e levigata, con evidenti strie e solchi. Si tratta di una roccia modellata dal ghiacciaio che circa 10.000 anni fa occupava queste valli. Superfici rocciose come questa furono gli indizi che portarono il naturista svizzero Louis Agazziz (metà del 1800) a ipotizzare la presenza, in epoche geologiche passate, di enormi masse glaciali continentali. Lo scienziato ebbe ragione neI considerare che ”i ghiacciai sono le uniche forze in natura che, trascinando sul fondo ciottoli e blocchi, sono in grado di produrre strie e solchi di abrasione di tale natura sulle rocce su cui scorrono”.

Il secondo stop (B) è in corrispondenza del ricovero “Sette Fontane”. Dopo aver abbandonato la piana alluvionale del Rio Secco nel Vallone des Baisses, l’itinerario segue le incisioni torrentizie nelle dolomie stratificate. Le dolomie sono rocce calcaree in cui parte del carbonato di calcio (CaCo3) è stato sostituito da carbonato di magnesio (MgCo3). Sono rocce di colore chiaro, da bianco latte a beige. L’originaria stratificazione orizzontale è stata modificata durante la genesi della catena alpina e oggi si osservano pieghe a grande scala, visibili a occhio nudo, negli strati variamente inclinati. Le rocce che formano il massiccio dello Chaberton contengono alcuni fossili animali. Lungo il percorso che segue il versante occidentale i fossili sono limitati a poche specie. I ritrovamenti sono molto rari e di difficile identificazione, di competenza dei soli esperti in materia.

Il terzo stop (C) è al Colle dello Chaberton, da dove, unitamente allo splendido panorama sulla Valle di Susa, si possono, tra l’altro, identificare più chiaramente le pieghe a grande scala, gli strati verticalizzati.

Chaberton

Versante Sud dello Chaberton. Sono visibili gli strati verticali.

Il quarto stop (D) è necessariamente sulla cima dello Chaberton da dove si può godere di una panoramica a 360° sulle vallate alpine italiane e francesi, e dove i resti delle fortificazioni belliche alloggiano tra rocce e resti di organismi di 200 milioni di anni fa.

 

 

Dove

Claviere (Torino)

Dislivello

1370m

Grado di difficoltà

Facile

Tempo di percorrenza

4-5 ore

Periodo consigliato

luglio-settembre

Progetto

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